L’equo compenso nei servizi di ingegneria e architettura

Nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, 5 maggio 2023 n. 104 è stata pubblicata la Legge 21 aprile 2023, n. 49, recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” (“Legge 49/2023”), che disciplina l’equo compenso per le prestazioni professionali dei liberi professionisti.

Le disposizioni del Decreto sono entrate in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

1. L’EQUO COMPENSO AI SENSI DELLA LEGGE 49/2023

La normativa in materia di equo compenso si applica ai rapporti professionali di prestazioni d’opera intellettuale che siano retti da convenzioni – ancorché svolti in forma associata o societaria – aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.) da parte di iscritti alle professioni ordinistiche o esercenti professioni non ordinistiche (legge 14 gennaio 2013, n. 4, art. 1, co. 2).

Finalità della normativa è quella di tutelare i professionisti nei confronti di alcune categorie di clienti considerati “contraenti forti”. L’ambito di applicazione è rappresentato dunque dai “rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro” e continua, al comma 3, precisando che tali disposizioni si applicano anche “alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175” (L. 49/2023, art. 2).

I soggetti tenuti al rispetto della normativa sull’equo compenso sono pertanto, accanto ai professionisti stessi, da un lato, le pubbliche amministrazioni, le imprese bancarie e assicurative – comprese le loro società controllate – e le imprese che abbiano occupato, nell’anno precedente quello dell’incarico, più di cinquanta lavoratori dipendenti o abbiano presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di Euro, dall’altro.

La normativa in materia di equo compenso non si applica tuttavia alle convenzioni in corso al momento dell’entrata in vigore della L. 49/2023.

La Legge 49/2023 definisce all’art. 1, l’equo compenso come “la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale”, nonché quello conforme, per i professionisti iscritti a ordini e collegi, ai compensi statuiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27.

2. EQUO COMPENSO E SUE SALVAGUARDIE

La normativa sull’equo compenso non introduce nuovi parametri per il calcolo del compenso spettante al professionista, che restano regolati dai decreti ministeriali a tal fine emanati per ciascuna professione (o categoria di professioni), ma rende più stringente il rispetto di detti parametri tramite l’introduzione di:

(a) una presunzione di equità fino a prova contraria del compenso che sia previsto in modelli standard di convenzioni, negoziati con i Consigli Nazionali degli Ordini o con i Collegi Professionali (L. 49/2023, art. 6.);

(b) alcune figure di nullità con riferimento alle pattuizioni (accordi preparatori o definitivi, purché vincolanti per il professionista, ai sensi della L. 49/2023, art. 2) che non prevedano un compenso equo e proporzionato, oltre ad ulteriori ipotesi di nullità in caso di pattuizioni che attribuiscano al committente un vantaggio sproporzionato (fra cui: l’attribuzione al committente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito o l’imposizione dell’anticipazione delle spese da parte del professionista; c.d. clausole vessatorie, L. 49/2023, art. 3). Tali nullità operano solo a vantaggio del professionista e sono rilevabili d’ufficio;

(c) la previsione, nel caso di accertamento in via giudiziale della non equità del compenso pattuito, della rideterminazione del compenso da parte del giudice, con condanna del cliente al pagamento della differenza; è anche prevista la possibilità di condanna del cliente alla corresponsione di un indennizzo in favore del professionista, pari fino al doppio della differenza fra il compenso corrisposto e il compenso ritenuto equo, salvo il maggior danno;

(d) l’obbligo da parte del professionista, nei soli casi in cui la convenzione/il contratto/l’accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista medesimo, di informare il cliente dell’obbligatorietà del rispetto delle disposizioni normative in materia di equo compenso di cui alla legge n. 49 del 2023.

Per quanto attiene le sanzioni ai professionisti, la nuova normativa stabilisce che i Ordini e i Collegi professionali siano incaricati di adottare adeguate disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista:

(a) che abbia pattuito o preventivato compensi che non risultino giusti, equi e proporzionati; o
(b) che abbia violato l’obbligo di informare il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve in ogni caso rispettare i criteri dell’equo compenso.

Il Codice Deontologico degli Ingegneri, che già nella precedente edizione sanzionava la pattuizione di compensi manifestamente inadeguati alla prestazione da svolgere, è stato riformulato con l’inserimento di una puntuale definizione di “equo compenso” e con alcune precisazioni sulla condotta da osservare da parte degli Ingegneri, sulla base delle previsioni della L. 49/2023.

3. L’EQUO COMPENSO NEGLI APPALTI PUBBLICI

3.1 La Legge 49/2023 e il Codice dei contratti pubblici

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (“Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici”, il “Codice”) nell’allegato I.13, il legislatore ha stabilito le modalità di determinazione dei corrispettivi per le fasi progettuali da porre a base degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, da effettuarsi tramite l’attualizzazione del tariffario di cui al D.M. 17 luglio 2016 e tramite quanto disposto dall’art. 41 del Codice.

Pertanto, affinché sia equo, il compenso deve rispettare due requisiti: (i) essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione e (ii) essere conforme ai parametri ministeriali.

Con particolare riferimento alla contrattualistica pubblica, l’articolo 8, comma 2 del Codice prevede che “le prestazioni d’opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso”.

Pertanto, la norma in questione sancisce da un lato il divieto di prestazioni di opera intellettuale a titolo gratuito nell’ambito degli affidamenti pubblici e il dovere per le Pubbliche Amministrazioni di rispettare il principio dell’equo compenso e dall’altro introduce un’eccezione di carattere discrezionale, in casi straordinari e non meglio definiti.

Proprio in ragione di questi ultimi casi eccezionali, che la Legge 49/2023 non prevede, sono sorti dei dubbi interpretativi circa l’applicabilità o meno delle disposizioni in tema di equo compenso alle procedure a evidenza pubblica e, conseguentemente, anche riguardo alle modalità di ribasso dell’offerta economica.

Sul punto si sono espressi sia l’Autorità Nazionale Anti Corruzione, sia la giurisprudenza amministrativa, senza tuttavia fornire un’indicazione unitaria sul tema e anzi pronunciandosi in modo diametralmente opposto.

3.2 L’interpretazione dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione

Nel corso dei primi mesi del 2024, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione ha avviato la consultazione del Bando tipo n. 2/2023 relativo alle procedure aperte per l’affidamento di contratti pubblici di servizi di architettura e ingegneria, nel quale ha proposto tre diverse soluzioni per coordinare la Legge 49/2023 e il Codice:

a) l’indizione di una gara a prezzo fisso;
b) la possibilità di effettuare il ribasso solo sulle spese generali;
c) la non applicabilità della disciplina dell’equo compenso alle procedure a evidenza pubblica.

Partendo dal presupposto che il compenso individuato sulla base delle tabelle ministeriali da porre a base di gara è in ogni caso inderogabile, la soluzione sub a) propone di aggiudicare le gare che hanno a oggetto esclusivamente prestazioni professionali utilizzando il criterio del prezzo fisso e facendo competere gli operatori economici unicamente con riguardo alle qualità e alle caratteristiche del servizio, salva la possibilità di premiare l’offerta che prevede l’esecuzione in un tempo inferiore rispetto a quello previsto dalla legge di gara.

La soluzione sub b) permette, invece, di effettuare un ribasso soltanto su quella parte dell’importo posto a base di gara che esula dal compenso professionale, ossia le spese generali. A tal riguardo l’Autorità ha comunque messo in evidenza il rischio conseguente dall’adozione di tale soluzione, precisando che “consentendo il ribasso su una quota di tali spese, potrebbe verificarsi che i concorrenti più strutturati offrano il massimo ribasso sostenibile, attestandosi tutti su una quota fissa. In sostanza, ci sarebbe il rischio di attivare, anche in questo caso, ad una gara a prezzo fisso. Inoltre, si verificherebbe l’aspetto negativo che i professionisti singoli o le società di piccole dimensioni potrebbero essere costretti ad offrire un ribasso inferiore, non riuscendo ad abbattere nella stessa misura i costi”.

Infine, l’opzione sub c), ossia la non applicabilità delle norme sull’equo compenso alle procedure a evidenza pubblica, origina dall’idea che tali norme siano in netto contrasto con il principio di concorrenzialità e che il legislatore nella Legge 49/2023 avesse inteso “escludere le ipotesi in cui la prestazione professionale viene resa nell’ambito di un appalto di servizi, attraverso una articolata organizzazione di mezzi e risorse e con assunzione del relativo rischio imprenditoriale”.

In seguito, l’ANAC è tornata a esprimersi sul punto con la delibera 101 del 28 febbraio 2024 nella quale ha chiarito che “l’assenza di chiare indicazioni normative e di orientamenti giurisprudenziali consolidati circa i rapporti tra la normativa sull’equo compenso di cui alla L. 49/2023 e le procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura impedisce che possa operare il meccanismo dell’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa essere disposta l’esclusione di operatori economici che abbiano formulato un ribasso tale da ridurre la quota parte del compenso professionale”, in questo modo legittimando le stazioni appaltanti che avevano scelto fino a quel momento di non applicare la Legge 49/2023.

Infine, con una nota del 23 aprile 2024, ANAC ha ribadito l’esigenza di un intervento legislativo che chiarisse l’applicabilità o meno della disciplina dell’equo compenso anche agli affidamenti a evidenza pubblica.

Nella suddetta nota, l’Autorità ha inoltre precisato che allo stato la disciplina dell’equo compenso non sarebbe applicabile ai contratti pubblici per due motivi: (i) l’articolo 2 della Legge 49/2023 stabilisce che la disciplina dell’equo compenso si applica ai contratti aventi a oggetto prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., mentre le prestazioni professionali effettuate nei confronti delle amministrazioni sono da ricondurre ai contratti d’appalto ex art. 1655 c.c. e (ii) nelle procedure a evidenza pubblica riveste un ruolo centrale il confronto concorrenziale, per cui limitare la competizione tra gli operatori economici alle mere spese accessorie o all’elemento qualitativo delle offerte comprimerebbe irragionevolmente la libertà d’impresa.

3.3 L’interpretazione della giurisprudenza amministrativa e il tema del ribasso delle spese

In merito all’applicabilità delle norme dell’equo compenso alle procedure a evidenza pubblica, la giurisprudenza amministrativa ha assunto una linea differente da quella dell’Autorità.

Infatti, prima il TAR Veneto, con la sentenza n. 632 del 3 aprile 2024 e, poi, il TAR Lazio con la sentenza n. 8580 del 30 aprile 2024 hanno chiarito che non esiste alcuna antinomia tra la Legge 49/2023 e il Codice.

In particolare, il TAR Veneto ha precisato che il compenso è solo una delle voci del prezzo e che “deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa”.

Sempre a tal riguardo ha chiarito che “l’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori”.

Il TAR Lazio ha confermato l’interpretazione dei giudici del Veneto, chiarendo che la Legge 49/2023, perseguendo l’obiettivo di protezione del professionista mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni rese, contribuisce “a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere in favore della pubblica amministrazione”.

Le due sentenze in questione chiariscono che la disciplina delle gare a evidenza pubblica deve sempre ritenersi eterointegrata dalla legge sull’equo compenso, in quanto norma imperativa.

Con riguardo alle motivazioni utilizzate da ANAC per fondare l’interpretazione che l’equo compenso non sia applicabile alle procedure a evidenza pubblica, entrambe le sentenze in esame concordano nell’escludere (i) che l’articolo 2 della Legge 49/2023 limiti il campo di applicazione della legge ai soli professionisti che forniscono le loro prestazioni in ragione di un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale e (ii) che la possibilità di ribassare solo la voce delle spese generali limiti i principi comunitari, come la concorrenza e la libertà di stabilimento degli operatori economici.

Infatti, con riguardo al profilo sub (i), la giurisprudenza chiarisce che la scelta di applicare la disciplina dell’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della Pubblica amministrazione dal singolo professionista che non necessiti di organizzazione di mezzi e risorse sarebbe illogica, stante l’ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese da una società/impresa.

Inoltre, dal momento che l’articolo 66 del Codice prevede che alle procedure di affidamento di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria possano partecipare sia i professionisti singoli, sia le associazioni di professionisti, le società di ingegneria, nonché i consorzi e i raggruppamenti di tali professionisti, imporre il rispetto della Legge 49/2023 solo alle prestazioni del professionista che operi uti singuliavrebbe l’effetto di concretizzare un’inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese, i quali ultimi potrebbero in ipotesi trarre vantaggio dalla mancata applicazione della normativa in materia di equo compenso e quindi praticare ribassi sui compensi (con la presentazione di offerte verosimilmente più “appetibili”)” (TAR Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024 n. 8580).

Infine, per quanto concerne il profilo sub (ii) (relativo al fatto che l’applicazione delle disposizioni in materia di equo compenso alle procedure a evidenza pubblica limiterebbe i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento), la giurisprudenza ha chiarito che “escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai “compensi” non è un ostacolo alla concorrenza o alla libertà di circolazione e di stabilimento degli operatori economici, ma al contrario rappresenta una tutela per questi ultimi, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto permetterà loro di conseguire un corrispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione e anche in misura superiore a quella che sarebbero stati disposti ad accettare per conseguire l’appalto; inoltre, l’operatore economico che, in virtù della sua organizzazione d’impresa, dovesse ritenere di poter ribassare componenti accessori del prezzo (ad esempio le spese generali) potrà avvantaggiarsi di tale capacità nell’ambito del confronto competitivo con gli altri partecipanti alla gara, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto su componenti accessorie del prezzo, potranno apparire in buona sostanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge n. 49/2023, sarebbe stato offerto sui compensi” (TAR Veneto, Sez. III, 3 aprile 2024 n. 632).

È bene osservare che, in entrambe le sentenze citate, i giudici amministrativi hanno chiarito che, seppur permessa, la ribassabilità delle spese generali e degli oneri accessori non è tuttavia sottratta al controllo di anomalia dell’offerta.

La verifica di anomalia dell’offerta assume particolare rilevanza soprattutto in caso di operatori economici che offrono un ribasso delle spese generali e degli oneri accessori pari al 100%.

A tal riguardo, il tema delle cosiddette “offerte zero” è stato affrontato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 10 settembre 2020 pronunciata nel caso C-367/2019, che ha ribadito che tali tipologie di offerte non possono essere automaticamente escluse, anche in applicazione del principio di tassatività delle cause di esclusione (oggi contenuto nell’art. 10 del Codice).

La Corte di Giustizia ha chiarito che “poiché un’offerta al prezzo di EUR 0 può essere qualificata come offerta anormalmente bassa, ai sensi dell’articolo 69 della direttiva 2014/24, qualora un’amministrazione aggiudicatrice si trovi di fronte ad un’offerta del genere, essa deve seguire la procedura prevista in detta disposizione, chiedendo all’offerente spiegazioni in merito all’importo dell’offerta” e ha inoltre precisato quali requisiti deve rispettare l’offerta per poter superare il vaglio della verifica dell’anomalia, ossia:

a) pur essendo pari a zero, non deve incidere sull’esecuzione dell’appalto;
b) l’operatore economico deve fornire specifici elementi di prova volti a giustificare il basso livello dei prezzi e dei costi proposti (ad esempio dimostrando che l’eventuale aggiudicazione gli fornirebbe la possibilità di accedere a un nuovo mercato).

Pertanto, applicando i principi europei appena delineati all’ipotesi del ribasso delle sole spese, sembrerebbe che la ribassabilità del 100% sulle spese generali e sugli oneri accessori sia accettabile ogni qualvolta (a) ciò non incida sull’esecuzione dell’appalto e (b) l’operatore economico giustifichi adeguatamente le ragioni che lo hanno portato a formulare questo tipo di offerta.

Con riguardo alle spiegazioni che l’operatore economico può fornire nell’ambito della verifica di anomalia il Codice prevede all’art. 101, comma 3 che il prezzo e i costi proposti possano essere giustificati:

a) dall’economia del processo di erogazione del servizio;
b) da condizioni “eccezionalmente favorevoli” di cui dispone il professionista per “prestare i servizi”;
c) dall’originalità dei servizi.

3.4 Ulteriori interventi

Il presunto mancato coordinamento tra il Codice e la Legge 49/2023, nonché le interpretazioni discordanti fornite dall’Autorità e dalla giurisprudenza, stanno dando luogo a non poche difficoltà applicative.

In ragione di tale incertezza, negli ultimi mesi le maggiori associazioni di categoria hanno tentato di approfondire il quadro normativo e giurisprudenziale e si sono adoperate per chiedere confronti e interventi da parte del legislatore e della cabina di regia per il codice dei contratti pubblici istituita ai sensi dell’art. 221, comma 1 del Codice.

In particolare, l’Associazione delle organizzazioni di ingegneria, di architettura e di consulenza tecnico-economica (OICE) ha pubblicato in data 9 febbraio 2024 una nota nella quale ha affrontato il tema delle giustificazioni in caso di ribasso sulle spese e delle gare a prezzo fisso.

In tale nota, l’OICE ha rilevato che il tema in questione non è affrontato specificatamente nel Codice, che si limita a prevedere all’articolo 8, comma 2 il divieto di gratuità della prestazione, salvo che in casi eccezionali e adeguatamente motivati.

A parere dell’OICE, tale impostazione consentirebbe, almeno in teoria, di ritenere che il Codice permetta la ribassabilità delle spese del 100% a condizione che l’operatore economico, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, dimostri che nonostante le spese azzerate e il compenso stabilito ai sensi dei parametri ministeriali e nel rispetto della Legge 49/2023, derivi almeno un modesto utile di impresa volto a dimostrare che l’offerta presentata è congrua, seria e affidabile.

Alla medesima conclusione è giunto anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri che in un suo contributo redatto dal proprio Centro Studi nell’estate 2023 precisa che “il ribasso sulle spese preventivate (che determina il corrispettivo da porre a base d’asta) non può e non deve intaccare l’equità del compenso, a pena di nullità della clausola ai sensi della L. n. 49/2023. Qualora, dunque, la stima delle spese operata dalla Stazione appaltante ovvero l’offerta in ribasso presentata dal candidato sia tale da non coprire il costo delle spese effettivamente da sostenere (anche se inferiore a quelle forfettarie determinate) l’offerta dovrà ritenersi inammissibile”. Nello stesso contributo è chiarito che, nell’ambito della verifica dell’anomalia, la stazione appaltante è obbligata a verificare che il ribasso praticato sulle spese non vada poi concretamente a incidere negativamente sull’equità del compenso.

A schierarsi contro l’interpretazione fornita da ANAC è anche Confprofessioni, che in un comunicato stampa diffuso il 7 maggio 2024 ha ripreso i contenuti della sentenza n. 8580 del TAR Lazio e ha ribadito quanto già espresso dai giudici amministrativi, ritenendo che non esiste alcun contrasto tra la L. 49/2023 e il Codice e che le norme sull’equo compenso sono nate proprio per tutelare i professionisti nei rapporti con i contraenti forti del mercato, tra cui la Pubblica Amministrazione.

Stante la perdurante situazione di incertezza, in data 3 maggio 2024, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha inviato una nota al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione e alla Cabina di Regia per il Codice dei contratti pubblici nella quale ha ulteriormente sollecitato un chiarimento legislativo in merito alla normativa dell’equo compenso.

Da ultimo, è stata promossa una interrogazione al Ministero dei Trasporti nella quale si è chiesto nuovamente di adottare “iniziative normative chiarificatrici circa l’applicazione del ribasso d’asta, previsto dal nuovo codice appalti, ai servizi professionali tutelati dalla legge n. 49 del 2023, in materia di obbligatorietà dell’equo compenso”.

A tale riguardo, il Ministro competente ha confermato “l’intenzione che nella prossima seduta della Cabina di regina siano concordate le modalità per chiarire il coordinamento tra i due interventi normativi al fine di fornire un chiarimento alle stazioni appaltanti sotto forma di parere, ovvero tramite appositi coordinamenti normativi”.

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