SOMMARIO: 1. Il TAR Campania si pronuncia in tema di equo compenso – 2. Il TAR Reggio Calabria conferma la sentenza del TAR Campania in tema di equo compenso – 3. Il Consiglio di Stato conferma la corretta interpretazione del metodo A per il calcolo della soglia di anomalia – 4. Sull’omessa indicazione del costo della manodopera nella lex specialis
1. Il TAR Campania si pronuncia in tema di equo compenso
Il TAR Campania, sezione di Salerno, in contrasto con quanto statuito dal TAR Veneto (632/2024) e dal TAR Lazio (8580/2024), ha chiarito che le disposizioni sull’equo compenso non sono imperative ed eterointegrative della lex specialis di gara.
I giudici del TAR Campania, hanno inoltre precisato che le disposizioni dell’equo compenso devono essere utilizzate come principi guida per la valutazione della congruità dei ribassi, valutati attraverso il subprocedimento di verifica dell’anomalia.
TAR Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024 n. 1494
«[…] entrambe le pronunce richiamate postulano, tuttavia, l’estromissione di simili offerte economiche non già – come propugnato dalla ricorrente principale – a monte, bensì – come, appunto, avvenuto nella specie – a valle della relativa verifica di anomalia;
– è, infatti, soltanto all’esito di quest’ultimo subprocedimento che si rende compiutamente e concretamente apprezzabile, entro il contesto complessivo dell’offerta economica scrutinata, la voce corrispondente alle remunerazioni spettanti ai professionisti incaricati dall’impresa concorrente, la cui esatta entità andrà, in tale appropriata sede, rapportata ai parametri tabellari vigenti;
– la predicata eterointegrazione della disciplina di gara con quella sull’equo compenso professionale sconta, peraltro, i limiti intrinseci ed estrinseci di compatibilità o sovrapponibilità dei due impianti normativi (d.lgs. n. 36/2023 e l. n. 49/2023), che incidono su campi di materie e rispondono a finalità tra loro non perfettamente coincidenti ed omogenee;
– in particolare, detta compatibilità o sovrapponibilità (forse più efficacemente definibile in termini di ‘non antinomia’) è stata considerata dall’ANAC, nell’atto del Presidente del 19 aprile 2024, indirizzato alla Cabina di Regia per il Codice dei contratti pubblici, sotto un’angolazione diversa rispetto a quella da cui muovono i richiamati arresti giurisprudenziali; e cioè nella plausibile prospettiva che il regime dell’equo compenso non deroghi, bensì integri il sistema dei contratti pubblici, senza frustrarne la sostanza proconcorrenziale di derivazione euro-unitaria (artt. 49, 56, 101 TFUE, 15 della dir. 2006/123/CE), e, quindi, senza elidere in radice la praticabilità del ribasso sui corrispettivi professionali, la cui determinazione non è da intendersi rigidamente vincolata a immodificabili parametri tabellari, ma la cui congruità (in termini di equilibrio sinallagmatico) rimane, in ogni caso, adeguatamente assicurata dal modulo procedimentale di verifica all’uopo codificato, quale, appunto, esperito nei confronti della G. I., esclusa per acclarata anomalia anche del ribasso praticato sul corrispettivo dei servizi di progettazione.»
2. Il TAR Reggio Calabria conferma la sentenza del TAR Campania in tema di equo compenso
Il TAR Calabria, sezione distaccata di Reggio Calabria, in linea con quando statuito dal TAR Campania (1494/2024), ribadisce che l’individuazione del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è la sede in cui misurare l’incidenza in concreto del ribasso operato sulla componente del “compenso” e, allo stesso tempo, sulle soglie minime stabilite dalle tabelle ministeriali.
Il TAR Reggio Calabria, quindi, conferma l’orientamento secondo cui le disposizioni sull’equo compenso (L. 49/2023) non sono imperative ed eterointegrative della lex specialis di gara.
TAR Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 25 luglio 2024 n. 438
«Sul punto, anche ai sensi dell’art. 74 c.p.a., è sufficiente richiamare le approfondite argomentazioni – di cui sopra si è dato sommariamente conto – svolte nella citata pronuncia dal Tar Salerno (n. 1494/2024), rimarcando, in particolare, al di là della coerente analisi condotta sul piano della compatibilità logica e sistematica dei due testi normativi, come l’individuazione del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta quale sede in cui misurare l’incidenza in concreto del ribasso operato sulla componente del ‘compenso’ sulla serietà dell’offerta e, allo stesso tempo, sulle soglie ‘minime’ stabilite dalle pertinenti previsioni ministeriali, costituisca un presidio idoneo a scongiurare i rischi paventati dai sostenitori dell’opposta tesi.
Ed infatti un ribasso eccessivo, tale da erodere in maniera significativa la componente del ‘compenso professionale’, ove non giustificato da adeguate e convincenti motivazioni di fatto (rivenienti dalle capacità ‘strutturali’ del concorrente, dall’interesse all’affidamento per l’arricchimento del curriculum professionale, dalle esperienze già maturate in progettazioni analoghe, etc.), potrebbe certamente essere valutato dalla stazione appaltante come indicativo di una scarsa serietà dell’offerta, con ogni conseguente determinazione.
Deve, inoltre, considerarsi che l’impiego di un simile meccanismo, in luogo della più dirompente eterointegrazione della disciplina di gara, oltre a responsabilizzare i singoli concorrenti quanto all’entità del ribasso praticabile nelle gare di progettazione sulla voce dei compensi, appare idoneo a neutralizzare il rischio di una possibile alterazione del risultato della procedura, precludendo in nuce l’eventuale attivazione da parte del concorrente che assuma la lesione del diritto presidiato dalla L. n. 49/2023 – purtuttavia conseguente alla sua scelta di offrire un ribasso oltre le soglie previste da detta legge – dello strumento ripristinatorio del sinallagma contrattuale apprestato in sede civile con la previsione della nullità di protezione.
Per le stesse ragioni, è poi da escludersi che l’ammissibilità nelle gare de quibus di un ribasso oltre le soglie del D.M. del 2016 dell’importo a base di gara possa pregiudicare le finalità di tutela dei professionisti perseguite con la L. n. 49/2023, emergendo chiaramente dal relativo impianto generale che l’ambito precipuo della relativa applicazione riguardi i rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c. (contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui può fondatamente porsi l’esigenza di ripristinare l’equilibrio sinallagmatico.
L’espressa previsione dell’applicazione dell’equo compenso anche ai rapporti con la pubblica amministrazione non può valere, invece, a inferirne tout court l’operatività nell’ambito delle contrattazioni soggette alle regole dell’evidenza pubblica, risultando per contro i contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex art. 1655 c.c..»
3. Il Consiglio di Stato conferma la corretta interpretazione del metodo A per il calcolo della soglia di anomalia
Il Consiglio di Stato conferma quanto aveva già statuito il TAR Piemonte nella sentenza n. 514 del 15 maggio 2024, ossia che la formulazione letterale del metodo A contenuta nell’All. II.2 del Codice è imprecisa. Infatti, nella sentenza in oggetto viene precisato che, in caso di applicazione del metodo A, sono automaticamente esclusi anche gli sconti pari alla soglia di anomalia, e non solo quelli superiori come prevede il dettato letterale della disposizione.
Cons. Stato, Sez. VII, 1° luglio 2024 n. 5780
«[…] Certamente, il punto 3 del metodo A dell’allegato II.2 al codice dei contratti pubblici sconta una infelice formulazione letterale, frutto di una evidente svista legislativa e di un difettoso coordinamento con le precedenti previsioni dei punti 1 e 2, allorché prevede, come si è accennato, che «tutti gli sconti superiori alla soglia di anomalia sono automaticamente esclusi» e non, come invece prevedeva l’art. 97, comma 8, dell’abrogato codice dei contratti pubblici, che anche gli sconti pari a detta soglia sono automaticamente esclusi.
8.3. Ma che si tratti di una svista – alla quale porre rimedio opportunamente in un futuro intervento correttivo da parte del legislatore – non è dimostrato solo dalla considerazione, pur rilevante, che il nuovo codice dei contratti pubblici ha inteso porsi in linea di ininterrotta, perfetta e totale continuità con quello precedente, sicuramente quanto alla conferma del metodo del c.d. taglio delle ali – v., sul punto, anche Ad. plen., 19 settembre 2017, n. 5 in riferimento all’analogo metodo di cui al d. lgs. n. 163 del 2006 – (ora metodo A dell’allegato II.2) per la determinazione della soglia, come si evince dalla Relazione di accompagnamento agli articoli e agli allegati di questo Consiglio di Stato, secondo cui tale metodo «replica esattamente il metodo introdotto, all’art. 97, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 50 del 2016, dalla lett. u), n. 1), dell’art. 1, comma 20, del decreto-legge n. 32 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 55 del 2019» perché «esso permette alle stazioni appaltanti di ricorrere ad un metodo da loro già ampiamente utilizzato e, quindi, riduce le complessità di adeguarsi nell’immediato a sistemi potenzialmente più efficaci, ma anche più complessi quali quelli dei due metodi presentati di seguito come Metodo B e Metodo C»”.»
4. Sull’omessa indicazione del costo della manodopera nella lex specialis
Il TAR Lombardia, sede di Milano, chiarisce che l’omissione dell’indicazione dei costi della manodopera nella legge di gara non comporta l’impossibilità di presentare l’offerta, né la possibilità di assoggettare il costo del personale a ribasso ad nutum, in quanto non impedisce di verificare il rispetto dei diritti economici dei lavoratori secondo quanto previsto all’articolo 101, comma 5 del Codice.
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 5 luglio 2024 n. 2077
«[…] Deve escludersi che l’indicazione di un costo del personale pari o superiore a quello indicato nel bando legittimi un giudizio di non anomalia dell’offerta sul personale, in quanto mancano gli elementi basilari per esprimere tale giudizio, cioè l’indicazione del personale necessario, delle ore di lavoro e del relativo costo totale, che appartengono all’offerta e rientrano nella discrezionalità dell’imprenditore.
Ne consegue che l’indicazione dei costi della manodopera nel bando ad opera della stazione appaltante ha valore meramente indicativo e la sua omissione non comporta l’impossibilità di presentare un’offerta, avendo carattere inderogabile solo il mancato rispetto dei CCNL applicabili e delle tabelle ministeriali negli altri casi.
Ne deriva che l’omissione dell’indicazione del costo della manodopera nella legge di gara non comporta l’impossibilità di presentare l’offerta, né la possibilità di assoggettare il costo del personale a ribasso ad nutum, in quanto non impedisce di verificare il rispetto dei diritti economici dei lavoratori con i criteri indicati dall’art. 110 c. 5 del Codice dei contratti.
In definitiva deve ritenersi che l’omissione dell’indicazione dei costi della manodopera nel bando non permette di sottoporre a riduzione senza limiti la spesa di personale e quindi non costituisce vizio idoneo a travolgere l’intera gara ma può costituire solo vizio dell’offerta che abbia indicato le spese del personale non rispettose dei livelli salariali applicabili al caso di specie».