Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2025 depositata il 21 luglio scorso è stata scardinata un’altra norma del Jobs Act contenuta nell’articolo 9, comma 1, “Piccole imprese e organizzazioni di tendenza”.
La norma, allo stato, prevede che nelle c.d. piccole imprese, cioè quelle che non raggiungono i requisiti dimensionali dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori – in quanto non occupano più di 15 lavoratori presso un’unità produttiva o nell’ambito di un comune e comunque non più di 60 dipendenti nel complesso – i licenziamenti illegittimi comportano una indennità risarcitoria dimezzata rispetto alle imprese di maggiori dimensioni e che «non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità» dell’ultima retribuzione.
Ad avviso della Corte costituzionale per le piccole imprese è incostituzionale, in caso di licenziamento illegittimo, il tetto dell’indennità risarcitoria di 6 mensilità indicato dalla citata norma.
Secondo la Corte, il limite massimo di 6 mensilità previsto come «fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento», stante la previsione del dimezzamento degli importi indicati agli articoli 3, comma 1, 4, comma 1, e 6, comma 1, del D. lgs. n. 23/2015, comporta che l’ammontare dell’indennità risarcitoria sia «circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato», né da «assicurare la funzione deterrente della stessa indennità nei confronti del datore di lavoro».
L’effetto concreto di questa pronuncia è che per le piccole imprese resta la regola del dimezzamento delle mensilità, ma mentre fino ad oggi il limite era compreso tra un minimo di 3 ed un massimo di 6 mensilità, d’ora innanzi si passerà ad un range più ampio tra un minimo di 3 e un massimo di 18 mensilità sulle quali potrà decidere il giudice del lavoro.
La Corte Costituzionale, già con la sentenza 183 del 2022, aveva di fatto evidenziato l’illegittimità dell’articolo 9 del D. lgs. n. 23/2015, segnalando l’opportunità di un intervento legislativo. In assenza si è nuovamente pronunciata ritenendo essenziale che il giudice possa personalizzare il danno subito dal lavoratore in una forbice più ampia compresa tra 3 e 18 mesi.