La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 22/2024 del 23 gennaio 2024, pubblicata ieri, ha di fatto ampliato l’ambito di applicazione della tutela reintegratoria per i licenziamenti disposti nei confronti dei lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015.
Oltre alle fattispecie di nullità c.d. testuali (e quindi esplicite), sono ora ricomprese, per effetto della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma primo, D. Lgs. n. 23/2015, anche tutte le ipotesi di nullità c.d. virtuali (e quindi implicite) rinvenibili nell’ordinamento.
Si tratta, dunque, di una pronuncia che, muovendo da una censura di legittimità costituzionale dell’articolo in questione da parte della Suprema Corte di Cassazione, per una lamentata violazione del criterio di delega del legislatore delegato, va in favore dei lavoratori, che ora dispongono di un’ulteriore base giuridica per la reintegrazione in caso di nullità del licenziamento loro irrogato, lasciando tuttavia all’interprete (giudici e avvocati) l’onere – non sempre facilmente assolvibile – di individuare i casi non “espressamente” previsti dalla legge che daranno titolo ad ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro.